Ferrara, 19 maggio 2017
La scuola rappresenta indubbiamente l’incontro con una realtà nuova che perlopiù è avvertita come molto impegnativa da tutta la famiglia non solo dal bambino. Spesso i genitori sono preoccupati che il proprio figlio possa soffrire nel suo inserimento, essere preso in giro, magari per il colore della sua pelle, o per la sua lingua incomprensibile, o per il suo italiano stentato.
Ma ciò che più preoccupa è come affrontare la storia anomala e difficile da raccontare del proprio figlio: il suo ‘essere stato’ adottato.
Gli insegnanti devono sapere che si stanno assumendo il compito di prendere per mano ogni alunno e accoglierne la sua ricca esperienza, per aiutarlo a crescere ed apprendere.
Le recenti ‘Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati’ pubblicate dal Miur nel dicembre 2014 confermano che l’inserimento deve essere graduale e delicato e deve tenere conto della specifica storia del bambino, di ogni singolo bambino. Individuano nuove e indispensabili figure: l’insegnante referente – un docente appositamente formato sulle tematiche adottive -, il compagno tutor e l’eventuale facilitatore linguistico.
Il divieto alla conoscenza, l’impossibile conoscenza del proprio passato, della propria storia rende molto difficile nei bambini adottati integrare il proprio pensiero e accedere quindi alla capacità di apprendere.
Eventi stressanti-traumatici sono in grado di deprimere la memoria autobiografica, che costituisce il più potente strumento che l’individuo possiede per conoscere se stesso e il mondo. La sua compromissione rende l’individuo incapace di comunicare la propria esperienza e di aprirsi alla conoscenza dell’Altro e del mondo.
La scuola accogliente e la fatica di imparare: strumenti e buone prassi per favorire l’inclusione e l’apprendimento degli alunni adottati
Ferrara, 19 maggio 2017
La scuola rappresenta indubbiamente l’incontro con una realtà nuova che perlopiù è avvertita come molto impegnativa da tutta la famiglia non solo dal bambino. Spesso i genitori sono preoccupati che il proprio figlio possa soffrire nel suo inserimento, essere preso in giro, magari per il colore della sua pelle, o per la sua lingua incomprensibile, o per il suo italiano stentato.
Ma ciò che più preoccupa è come affrontare la storia anomala e difficile da raccontare del proprio figlio: il suo ‘essere stato’ adottato.
Gli insegnanti devono sapere che si stanno assumendo il compito di prendere per mano ogni alunno e accoglierne la sua ricca esperienza, per aiutarlo a crescere ed apprendere.
Le recenti ‘Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati’ pubblicate dal Miur nel dicembre 2014 confermano che l’inserimento deve essere graduale e delicato e deve tenere conto della specifica storia del bambino, di ogni singolo bambino. Individuano nuove e indispensabili figure: l’insegnante referente – un docente appositamente formato sulle tematiche adottive -, il compagno tutor e l’eventuale facilitatore linguistico.
Il divieto alla conoscenza, l’impossibile conoscenza del proprio passato, della propria storia rende molto difficile nei bambini adottati integrare il proprio pensiero e accedere quindi alla capacità di apprendere.
Eventi stressanti-traumatici sono in grado di deprimere la memoria autobiografica, che costituisce il più potente strumento che l’individuo possiede per conoscere se stesso e il mondo. La sua compromissione rende l’individuo incapace di comunicare la propria esperienza e di aprirsi alla conoscenza dell’Altro e del mondo.
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